Maurizio De Giovanni: In una libreria devo poter cazzeggiare.
AUTORE
Alessandro Di Rienzo
Sono le 1720 di giovedì 9 gennaio, ha cominciato a fare buio e la temperatura spedita ripiega sotto i dieci grandi. Maurizio De Giovanni risponde al terzo squillo del suo telefonino.
Salve Maurizio, la chiamo per una intervista da una libreria indipendente che apre. Non è solo una libreria ma anche makers lab di produzione digitale e uno spazio coworking. Ci sarà una sala per incontri e concerti. In tutto saremo oltre cinquecento metriquadri di cose da fare, noi che partecipiamo al progetto saremo anche una piccola redazione tra la comunità che ci frequenterà e voi scrittori.
Sono molto contento, è una cosa che mancava in queste dimensioni a Napoli. Quindi avrete anche un sito dove pubblicherete le interviste immagino. Dove aprite?
A Piazza Borsa, sulla destra guardando la Camera di Commercio.
Come mai proprio Piazza Borsa? È un posto di passaggio, complicato per fermarsi e con altre libreria nella zona.
Beh il luogo promette bene, dinanzi la metropolitana in zona universitaria e poi tutta quella gente di passaggio avrà dove ripararsi. A dirle il vero lo spazio ci piace e si presta alla versatilità del progetti. Faccio io qualche domanda se è d’accordo.
Vai con le domande.
Dovremmo parlare del rapporto tra librerie e scrittori ma non posso esimermi dal chiederle del Napoli. Eravamo abituati a una macchina giocosa e intrisa di leggerezza capace di fronteggiare le più grandi d’Europa. Abbiamo indubbiamente assistito a un delitto, chi è il colpevole?
Credo che ci sia a Napoli una grandissima carenza imprenditoriale. Questo è un fatto che emerge in tutti i campi, anche nell’editoria e tra le librerie ad esempio. In Campania abbiamo sei milioni e mezzo di abitanti, siamo oltre il 12% dell’intero paese e c’è una sola azienda quotata in borsa. Qui la grande imprenditoria non si propone, non trova un territorio agevole o per la criminalità organizzata o per la carenze di strutture. Poi c’è la grande propensione ad andare via appena possibile e a non fidarsi del luogo. Abbiamo un buon numero di scrittori tradotti all’estero rispetto altre città, ma non abbiamo una casa editrice di livello nazionale. Palermo ha Sellerio, Bari ha Laterza, finanche la Calabria ha Rubettino ma Napoli non riesce a proporre un livello analogo. Qui manca una classe imprenditoriale di livello.
Una città più adatta ai miracoli che alla progettualità, tu cosa auguri per noi tutti al decennio che ora comincia?
Che si impari a fare sistema. Ti racconto una cosa: la Bonelli editore, che pubblica Tex Willer come Dylan Dog, mi chiese i diritti del commissario Ricciardi per cimentarsi nella graphic novel con un personaggio che non fosse nato nelle stanze della casa editrice. Io dissi che avrei regalato i diritti se loro avessero impegnato autori napoletani, sceneggiatori e disegnatori, nell’elaborazione del prodotto. L’ho fatto perché conosco la scuola di Comics qui a Napoli, conosco la sua qualità e le difficoltà nel proporsi al mercato editoriale. Hanno accettato, i fumetti hanno avuto un successo straordinario ponendosi per lungo periodo in testa nelle vendite per la categoria del settore. Dopo Ricciardi hanno pubblicato anche i Bastardi di Pizzofalcone. Io non faccio il benefattore e il ritorno in termini di visibilità per i miei romanzi è stato notevole. Quindi anche a Napoli si può fare sistema e quando lo si fa si produce altissima redditività.
Cosa rappresentano le librerie per uno scrittore?
Rappresentano moltissimo e non solo per uno scrittore ma anche per un lettore. Le vendite online procurano una concentrazione di vendite su pochi nominativi, prevalentemente sui blasonati. Puoi comprare online un volume di De Giovanni ma conoscerai alla fine solo quel libro. Anche in libreria puoi comprare lo stesso libro ma allo stesso tempo conoscere e incuriosirti per il libro posto di fianco che magari nella mente del libraio dialoga con il mio per una frase, per una copertina. Le librerie rappresentano una necessità per uno sviluppo coerente di tutto il comparto editoriale. Solo nelle librerie autori e case editrici emergenti trovano aria per proporsi.
Quale caratteristica deve avere una libreria per essere quel tempio laico capace di piacerti?
Il cazzeggio! La libreria deve essere un luogo dove è possibile cazzeggiare. Dove poter passare una ora perché i libri non sono beni di prima necessità. Non sono panini che mangi e vai via. I libri prevedono un avvicinamento, una timidezza e una lentezza nell’approccio. La libreria deve essere accogliente, alla fine dei conti si tratta di un abbraccio. In libreria devi poter andare se non hai niente da fare, soprattutto se non hai niente da fare.
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